«Mi
piace una Chiesa italiana inquieta… Sognate anche voi questa Chiesa, credete in
essa, innovate con libertà»: queste le parole di Papa Francesco il 10 Novembre
2015 alla Chiesa Italiana riunita nel suo V Convegno Ecclesiale a Firenze. Si
tratta di sognare ciò che piace, ciò che è bello! In fondo la teologia nasce
dalla presa di coscienza di un sogno di Dio che scopriamo riguarda anche noi!
Ora,
il trovarci a vivere nel 2017 e nel Lazio ci dà elementi importanti per entrare
nel sogno di Dio su di noi: perché la riflessione teologica è sempre collocata
in un tempo ed in uno spazio!
Proprio
per questo ci doniamo questa mattinata di studio e di discernimento. Un vero
atto accademico di riflessione che accetti la sfida del confronto con la
quotidianità della nostra vita ecclesiale.
In
fondo il sogno che vogliamo ricercare questa mattina parla di una realtà da
rinnovare, di una quotidianità chiamata a contenere germi di eternità. Il sogno
che cerchiamo parte da lontano, da quel “in principio” della creazione che
trova il suo pieno compimento in Cristo Gesù, crocifisso e risorto per noi,
speranza dell’umanità.
Quel
sogno che vogliamo discernere per noi oggi, si qualifica come “pastorale”.
Giovanni
XXIII, nella seconda riunione della Commissione Antepreparatoria del Concilio
che verrà chiamato Vaticano II, riunione svoltasi nella biblioteca privata del
Papa il 30 Giugno 1959, indicò chiaramente che voleva un Concilio nuovo,
diverso dai precedenti, ed indicò questa novità nell’aggettivo “pastorale”.
Annota puntualmente Vincenzo Carbone che «la parola “pastorale”,
nella mente del Papa, non si restringe a qualcosa di pratico, separato dalla
dottrina: è inconcepibile una pastorale senza dottrina, la quale ne è il primo
fondamento».
Il
Concilio non ci ha tanto insegnato a far nostro il sogno di Dio, quanto a
metterci con più libertà e maggior decisione a servizio del sogno di Dio
sull’umanità intera, liberandosi da strettoie di alcune categorie di pensiero
in cui una certa compostezza di linguaggio ci aveva ingabbiato. È così che
abbiamo avuto la possibilità di ritornare alla freschezza del linguaggio dei
Padri della Chiesa, ricco di immagini analogiche, di richiami biblici; un
linguaggio in cui si riscopre la dignità di parole come amicizia e dialogo,
esperienza, ricerca e confronto.
Anche
la Chiesa Italiana nel suo cammino post conciliare ha avuto al Convegno di
Palermo la ferma consapevolezza della necessità di un “discernimento
comunitario”. Era il 1995. Grazie a questa consapevolezza è nata per la prima
volta l’esigenza di una verifica del cammino compiuto (alla fine degli anni
’90).
Finalmente,
oggi, con Papa Francesco, si aggiunge anche nel nostro cammino quell’aggettivo
sognato per la Chiesa da Giovanni XXIII: l’aggettivo pastorale applicato anche
al discernimento. Cosa vuol dire pastorale?
Si
tratta di un aggettivo che la schiettezza di papa Francesco ci invita a
scoprire nella sua più diretta e schiacciante semplicità. Individua quell’
“odore di pecora” con cui chiediamo al Signore di impregnare non solo il
ministero sacerdotale dei presbiteri, ma anche il servizio che svolgono le commissioni
regionali è “pastorale” pastorale delle commissioni regionali (che
ringrazio qui oggi per la loro presenza). Verrebbe allora da dire che anche la
riflessione accademica della Teologia se non porta con sé l’odore delle pecore
ha perso di vista la propria natura, perde lo stupore coscientizzato che ci
viene nell’incontrare il sogno di Dio: salvare l’umanità dal rischio di prendere
le distanze dall’abbraccio misericordioso dell’amore del Padre!
“Pastorale”
ci ricorda che l’itinerario è verso il positivo, verso il bello, oltre le voci
dei profeti di sventura: il discernimento ricerca il bene, il meglio, per
questo a volte anche evita il male! Inoltre, “pastorale” ci ricorda che il fine
non è tanto quello di rendere vigorosa la chiesa: il nostro desiderio è che si
compia il progetto del Padre sull’umanità, per questo abbiamo bisogno di una
chiesa “fedele”! Proprio la fedeltà è la prima declinazione dell’aggettivo
pastorale applicato alla Sposa di Cristo. Noi seguiamo Gesù, è il suo cammino
verso l’uomo che noi desideriamo servire fedelmente. Infine, “pastorale”
ricorda oltre all’itinerario ed al compimento, anche lo stile con cui muoversi:
uno stile che parli realmente all’uomo di oggi, incontrandolo nella concretezza
della sua fragilità, delle sue periferie più nascoste e, a volte, volutamente
ombreggiate dai fari luccicanti del centro.
La
riflessione potrebbe dilungarsi ed approfondirsi, ma non è questo il mio
compito.
Ci
tenevo solo a richiamare la dimensione centrale, trasversale ed attuale della tematica
del Discernimento Pastorale che oggi desideriamo approfondire insieme.
Se
a papa Francesco piace una Chiesa italiana inquieta, a me piace lasciarvi
un’icona biblica che spero ci accompagni in questa giornata. Vi invito ad
entrare nel nostro Forum vestendo i panni della regina Ester. Possiamo far
nostra la sua preghiera con cui chiede aiuto a Dio per avere un linguaggio
armonioso alla sua bocca ed essere liberata dalla paura.
è una bella immagine della Chiesa inquieta, che fa discernimento pastorale.
è una bella immagine della Chiesa inquieta, che fa discernimento pastorale.
Nel
comportamento della regina Ester potremmo riconoscere quella che papa Francesco
chiama “ermeneutica della periferia”, quell’ermeneutica che diventa supporto
necessario al discernimento pastorale: si decentra da se stessa e proprio per
questo si riconosce in una posizione preziosa per tutto il suo popolo. Con
l’aiuto del saggio Mardocheo cerca di individuare e aver la forza di percorrere
la via giusta e fedele alla sua missione. Sarà proprio grazie a lei ed alla sua
azione che si compirà il piano di salvezza di Dio per tutto il popolo.
Invito
allora ciascuno di noi qui presenti, singolarmente ed insieme come Popolo di
Dio delle nostre Chiese locali, a riconoscerci nella regina Ester custodendo e
ravvivando il sensus fidei che ci è
stato donato nel battesimo: sentiamo la nostra regalità che ci dona
responsabilità per servire la gioia di tutto il nostro popolo, specialmente dei
più piccoli ed indifesi. Decentriamoci da noi stessi ponendo al centro il
Popolo di Dio. Non può esserci vera e piena attività accademica se non
valorizzando quel senso della fede, quel Sensus
Fidelium che ci permette di vivere l’incontro con il mistero di Cristo
Salvatore.
Per
vivere tutto questo, però, come la Regina Ester, anche noi abbiamo bisogno
della parola del nostro Mardocheo. Ebbene, verrebbe da dire che ben più di
Mardocheo c’è qui, per noi. Non fosse altro che per noi Mardocheo si fa in tre!
I nostri relatori con tre piccole comunicazioni cercheranno di risvegliarci
sulla nostra dignità di battezzati chiamati a collaborare col “discernimento
pastorale” al compimento del piano di salvezza di Dio. Dopo il breve dialogo
con i nostri Mardocheo, anche noi oggi ci ritireremo nelle nostre stanze per
chiedere al Signore di compiere l’opera da lui suggerita: sarà il secondo
momento di laboratorio che vivremo in questa mattinata di studio.
Iniziamo,
però, subito mettendoci in ascolto di Mons. Leonardo D’Ascenzo, che abbiamo già
sentito come Rettore, ma che si presenta anche come professore di Teologia, di
Spiritualità e di Pedagogia. Ci aiuterà a chiarire la piattaforma linguistica
di base individuata dal termine discernimento pastorale.
Lascio
quindi subito al professor D’Ascenzo la parola, ma vi ricordo che è attivo il
blog: discernimentocomunitario.blogspot.com. Potete raggiungerlo col vostro smartphone.
Non
avremo la possibilità di interventi diretti durante questa mattinata, proprio
per questo vi invito ad utilizzare il commento su questo blog (ricordo che
potreste commentare anche come anonimo): lasciate un commento per sottolineare
qualche espressione delle comunicazioni che sentiremo e che troviamo
particolarmente importante. Vi invito anche a scrivere riflessioni o domande da
lasciare ai relatori per il prosieguo dei lavori. Il blog risulta anche
importante per tutti coloro che ci seguono in diretta streaming sul canale web www.diocesisora.it/pdigitale. È un modo per dare la
possibilità a tutti di partecipare anche a distanza (come in realtà hanno
dialogato Ester e Mardocheo: lei si servì dei suoi eunuchi, noi della nostra
tecnologia). Vi invito a scrivere, perché i vostri commenti saranno annotazioni
utili anche per poter essere lette e condivise da tutti!
Grazie
ancora dell’attenzione e buon ascolto!
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver condiviso la tua riflessione!